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Commento alla sentenza n. 33679/2025 – Parafrasi

Abstract:

La Corte di cassazione, Sez. VI penale, con la sentenza n. 33679/2025, affronta un tema di rilievo sistematico riguardante il nuovo art. 423, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dalla riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022).

La Suprema Corte ha ritenuto abnorme il decreto che dispone il giudizio emanato dal G.U.P. senza la preventiva instaurazione del contraddittorio tra le parti, qualora vengano escluse aggravanti o modificata la qualificazione giuridica del fatto.

Tale pronuncia fissa un importante principio in tema di limiti al potere di riqualificazione del giudice dell’udienza preliminare e oggi voglio parlartene in quanto Avvocato penalista a Napoli.

Premessa del commento alla sentenza n. 33679/2025

La sentenza rappresenta un momento interpretativo decisivo nell’applicazione del nuovo art. 423, comma 1-bis, c.p.p., norma che ha modificato in profondità la disciplina dell’udienza preliminare.

La questione di legittimità riguardava il decreto con cui il G.U.P. di Reggio Calabria aveva escluso un’aggravante (art. 416-bis.1 c.p.) senza il necessario confronto con il Pubblico Ministero.

La Cassazione, accogliendo il ricorso del P.M., ha dichiarato l’atto affetto da abnormità, annullandolo senza rinvio.

Il commento alla sentenza n. 33679/2025: la vicenda processuale che riguarda

Nel caso concreto, il giudice dell’udienza preliminare aveva disposto il rinvio a giudizio escludendo l’aggravante di tipo mafioso, originariamente contestata dal Pubblico Ministero, senza attivare alcuna interlocuzione.

Questa decisione aveva prodotto incertezza sulla competenza territoriale e sull’individuazione dell’ufficio del P.M. legittimato a sostenere l’accusa in dibattimento.

Il Procuratore della Repubblica ha quindi impugnato il decreto, deducendo la violazione degli artt. 51, comma 3-bis, e 423, comma 1-bis, c.p.p.

I principi affermati

La Corte di cassazione ha individuato tre punti cardine dell’intera vicenda:

  1. a) Persistenza del potere di riqualificazione del G.U.P.: Il giudice dell’udienza preliminare mantiene la possibilità di modificare la qualificazione giuridica del fatto contestato dal P.M., nel rispetto del principio di legalità e della corrispondenza tra fatto e norma. Tuttavia, tale potere non può essere esercitato unilateralmente: il contraddittorio tra le parti è un passaggio necessario e indefettibile.
  2. b) Obbligo del contraddittorio preventivo (art. 423, comma 1-bis, c.p.p.): Con la riforma Cartabia, il legislatore ha imposto una procedura vincolata: se il giudice ritiene errata la qualificazione o la descrizione del fatto, deve invitare il P.M. a modificare l’imputazione. Solo in caso di disaccordo, dopo aver sentito le parti, può disporre la restituzione degli atti. In assenza di tale passaggio, il decreto risulta affetto da abnormità strutturale.
  3. c) Abnormità del decreto che dispone il giudizio: Il decreto del G.U.P. che interviene sulla qualificazione o esclude un’aggravante senza rispettare il contraddittorio non rientra nei poteri conferiti dalla legge e va pertanto annullato. L’atto è “abnorme” poiché collocato al di fuori del sistema processuale, con la conseguente trasmissione degli atti per un nuovo giudizio.

Profili critici e sistematici

La pronuncia sottolinea la portata garantista della riforma Cartabia, che rafforza il diritto di difesa e la coerenza dell’imputazione sin dalle prime fasi del processo.

L’art. 423, comma 1-bis, non è una mera formalità, ma una norma che delimita con precisione i poteri del G.U.P., imponendo un controllo effettivo sul rispetto del contraddittorio.

La ratio della riforma è duplice: da un lato, migliorare l’efficienza del processo evitando regressioni o duplicazioni; dall’altro, assicurare un’imputazione giuridicamente corretta e condivisa tra accusa e giudice.

In particolare:

– viene recepita la giurisprudenza CEDU (caso Drassich c. Italia, 2007), secondo cui l’imputato deve potersi difendere rispetto a ogni possibile diversa qualificazione giuridica; – si consolida la funzione di stabilizzazione dell’imputazione nell’udienza preliminare, evitando incertezze successive; – si riducono le ipotesi di regressione processuale; – si favorisce un accesso più consapevole ai riti alternativi.

Sentenza n. 33679/2025: cosa possiamo concludere

La Cassazione, con la sentenza n. 33679/2025, chiarisce in modo netto i limiti del potere del G.U.P. dopo la riforma Cartabia: ogni modifica dell’imputazione o esclusione di aggravanti senza contraddittorio rende nullo il decreto che dispone il giudizio.

Il principio di diritto espresso è chiaro: «Il decreto che dispone il giudizio, in cui il G.U.P. modifichi la qualificazione giuridica del fatto o escluda un’aggravante senza instaurare il contraddittorio previsto dall’art. 423, comma 1-bis, c.p.p., è affetto da abnormità strutturale, poiché esercita un potere che non gli è riconosciuto dalla legge processuale.»

Questa decisione rafforza l’idea che il contraddittorio sia un presidio di legalità sostanziale, non un adempimento formale, e contribuisce ad armonizzare la disciplina processuale italiana con i principi costituzionali e convenzionali.

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