Il reato di peculato è uno dei più gravi contro la Pubblica Amministrazione, ed è disciplinato dall’articolo 314 del codice penale.
La norma punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del proprio incarico il possesso o la disponibilità di denaro o di un’altra cosa mobile appartenente ad altri, se ne appropria indebitamente.
La disposizione prevede una distinzione tra peculato comune e peculato d’uso: – Nel primo caso, l’appropriazione è definitiva e il bene non viene restituito. – Nel secondo, l’agente utilizza il bene temporaneamente e lo restituisce subito dopo, avendolo usato esclusivamente per scopi momentanei.Ti serve un avvocato per un altro tipo di reato? Contatta il nostro studio legale penale a Napoli per una consulenza!
Peculato pena: le differenze tra peculato comune e peculato d’uso
– Peculato comune: reclusione da 4 a 10 anni e 6 mesi. – Peculato d’uso: reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Esempi concreti– Peculato comune: un tesoriere di un ente pubblico trattiene per sé somme incassate come pagamento di tributi spettanti all’ente. – Peculato d’uso: un sindaco utilizza l’automobile di rappresentanza, con tanto di autista, per compiere commissioni personali, come acquisti o visite private.
Soggetto attivo del reato di peculato
Il peculato è un reato proprio: può essere commesso solo da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. La qualifica soggettiva dell’agente è quindi un elemento essenziale per la configurazione della fattispecie.
Peculato reato (art. 314 cp): il bene giuridico tutelato
La norma salvaguarda due interessi fondamentali:
- Il patrimonio della Pubblica Amministrazione.
- Il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa, come sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.
Peculato codice penale: elemento oggettivo del reato
Possesso o disponibilità qualificata
Per integrare il peculato, il pubblico ufficiale o l’incaricato deve avere il possesso o la disponibilità del bene per ragioni legate al proprio ufficio o servizio.
In ambito civilistico, possesso e detenzione si distinguono in base all’atteggiamento soggettivo verso la cosa: il possessore si comporta come proprietario, mentre il detentore riconosce la proprietà altrui.
Tuttavia, nella prospettiva penale, il concetto di possesso utilizzato nell’art. 314 è più ampio e ricomprende anche ogni potere di fatto esercitato sul bene in virtù delle funzioni svolte.
Oltre al possesso materiale, è sufficiente la disponibilità giuridica, cioè la possibilità di disporre del bene mediante un atto rientrante nelle proprie competenze, indipendentemente dalla custodia fisica. Giurisprudenza: la Cassazione ha precisato che il reato può configurarsi anche se l’appropriazione avviene dopo la cessazione dell’incarico, purché sussista un legame funzionale con l’attività svolta in precedenza (Cass. 2230/2020).Collegamento con l’ufficio o il servizio
La ragione di ufficio o di servizio rappresenta il titolo in base al quale l’agente detiene o ha disponibilità del bene. Non è però necessaria una competenza specifica: basta che le mansioni ricoperte offrano l’occasione di accedere o gestire quel bene. Ad esempio, è stato escluso il peculato quando il soggetto ha solo una detenzione materiale priva di poteri di gestione, come nel caso del cassiere che si limita a erogare somme su disposizione di altri (Cass. 11095/1999).
Appropriazione
La condotta appropriativa si concretizza quando il soggetto tratta il bene “uti dominus”, ossia come se fosse proprietario, svincolandosi da qualsiasi vincolo giuridico o amministrativo.
Ciò avviene, ad esempio, quando il bene viene distolto dalla sua destinazione pubblica per finalità private. Prima della riforma del 1990, tale ipotesi comprendeva anche il cosiddetto “peculato per distrazione”, oggi generalmente ricondotto all’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.).
Peculato definizione di elemento soggettivo
Il peculato richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza e volontà di appropriarsi del bene altrui per ottenere un vantaggio personale o per favorire terzi.
Oggetto materiale del reato
Il peculato può riguardare:
– Denaro: monete, banconote e titoli con corso legale in Italia o all’estero. – Cose mobili: qualsiasi bene materiale trasportabile, comprese energie come quella elettrica, purché abbiano un valore economico. – Diritti: usufrutto, titoli azionari, crediti.
Non rientrano nel reato: beni immobili, beni immateriali personali (vita, onore, prestigio) o patrimoniali (marchi, invenzioni, opere dell’ingegno). Tuttavia, i frutti prodotti da tali beni possono essere oggetto di peculato. Dopo la modifica dell’art. 314 c.p., non è più necessario che il denaro o la cosa mobile appartengano alla Pubblica Amministrazione: è sufficiente che si trovino nella disponibilità del pubblico ufficiale. Reato di peculato: consumazione, tentativo e circostanze attenuantiIl peculato è un reato istantaneo: si perfeziona nel momento stesso dell’appropriazione (Cass. 16765/2020).
La successiva restituzione del bene non esclude il reato, ma può far ricadere il fatto nella fattispecie attenuata del peculato d’uso.
È ammissibile la punibilità del tentativo.
Circostanze attenuanti
L’articolo 323-bis del codice penale prevede una riduzione di pena nei casi di particolare tenuità del fatto.
Peculato: assistenza legale e difesa
Un’accusa di peculato espone a pene severe e può avere conseguenze devastanti sul piano professionale e personale.
L’assistenza di un avvocato penalista a Napoli è fondamentale per:
– verificare la corretta qualificazione giuridica del fatto; – contestare la sussistenza degli elementi costitutivi; – elaborare una strategia difensiva mirata, anche nella fase delle indagini preliminari. Contatta lo studio per una consulenza riservata con un avvocato a Napoli esperto in reati contro la PA se sei indagato o imputato per peculato.

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