Presentare una denuncia o una querela è un atto importante, spesso dettato da emozioni forti: rabbia, paura, delusione o la volontà di ottenere giustizia.
Tuttavia, può capitare che — dopo aver sporto denuncia — la persona offesa cambi idea o desideri ritirare l’atto, magari per tentare una riconciliazione privata con l’altra parte, per evitare un processo lungo e stressante che non sente di poter sostenere a livello emotivo o per motivi personali e familiari.
In questi casi è fondamentale sapere che non tutte le denunce possono essere ritirate e che, in molti casi, la legge distingue nettamente tra “denuncia” e “querela”.
Comprendere questa differenza è il punto di partenza per agire correttamente ed evitare errori che potrebbero avere conseguenze giuridiche rilevanti.
Studio Legale Penale Passante, con lunga esperienza in diritto penale e diritto per le imprese, accompagniamo spesso i clienti in queste situazioni delicate, fornendo consulenza legale mirata per gestire con equilibrio la remissione di una querela o la verifica della procedibilità d’ufficio di un reato.
Denuncia e querela: due strumenti diversi, due conseguenze giuridiche
Nel linguaggio comune, si parla indistintamente di “denuncia”, ma dal punto di vista giuridico le differenze sono profonde.
Una corretta distinzione tra denuncia e querela è indispensabile per comprendere se e come sia possibile procedere al ritiro dell’atto.
Che cos’è una denuncia?
La denuncia è una comunicazione formale con cui un cittadino segnala all’Autorità Giudiziaria (Procura della Repubblica) o di Polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza) segnala un reato.
Può essere facoltativa o, in alcuni casi, obbligatoria — ad esempio per pubblici ufficiali che vengano a conoscenza di reati nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 331 c.p.p.).
Una volta depositata, la denuncia entra nel circuito penale: viene trasmessa alla Procura e può dar luogo all’apertura di un fascicolo d’indagine. La caratteristica principale è che, nella maggior parte dei casi, il procedimento prosegue d’ufficio, indipendentemente dalla volontà del denunciante. Non è quindi possibile “ritirarla”.
Che cos’è una querela?
La querela, disciplinata dagli articoli 336 e seguenti del Codice di Procedura Penale, è un atto più personale. Consiste nella dichiarazione con cui la persona offesa da un reato manifesta la volontà che l’autore venga perseguito penalmente.
Riguarda reati meno gravi — definiti “procedibili a querela di parte” — e si basa sul principio di iniziativa della vittima. In questo caso, poiché è la persona offesa ad avviare il procedimento, essa può anche decidere di interromperlo tramite la cosiddetta remissione della querela.
Quando si può ritirare una querela?
La remissione della querela è l’atto con cui la persona offesa dichiara di non voler più procedere contro l’autore del reato. È regolata dagli articoli 152 e seguenti del Codice Penale e produce l’effetto di estinzione del reato, a condizione che sia accettata dal querelato.
Il legislatore ha previsto questa possibilità per favorire la riconciliazione tra le parti e per alleggerire il sistema penale da procedimenti inutili o eccessivamente conflittuali. La ratio è chiara: nei reati di minore gravità, la composizione privata tra le parti è più utile della punizione pubblica.
La remissione è possibile solo nei reati procedibili a querela di parte, ossia quelli in cui la volontà della vittima è condizione di procedibilità. Esempi tipici sono:
- diffamazione (art. 595 c.p.);
- lesioni personali lievi (art. 582 c.p.);
- danneggiamento (art. 635 c.p.);
- violazione di domicilio (art. 614 c.p.);
- molestie o disturbo alle persone (art. 660 c.p.);
- minacce lievi (art. 612 c.p.).
Per tutti i reati procedibili d’ufficio (come maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, rapina, estorsione o reati contro la pubblica amministrazione), la querela non è revocabile e il procedimento prosegue anche contro la volontà del denunciante.
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Come si ritira formalmente una querela?
Il ritiro della querela deve rispettare forme precise per essere valido. Può essere effettuato in tre modalità principali:
1. Remissione espressa
È la forma più comune e consiste in una dichiarazione formale della persona offesa davanti all’Autorità Giudiziaria o di Polizia Giudiziaria. La remissione può essere fatta:
- di persona, recandosi in Procura, in Questura o presso una Stazione dei Carabinieri;
- tramite dichiarazione scritta autenticata da un avvocato o da un pubblico ufficiale;
- in udienza, alla presenza del giudice e delle parti processuali.
La remissione deve essere esplicita e consapevole, non può essere imposta o condizionata. Inoltre, deve essere accettata dal querelato, che può anche rifiutarla per motivi strategici (ad esempio, per ottenere una sentenza di assoluzione).
2. Remissione tacita
Si ha quando la volontà di ritirare la querela è desumibile da un comportamento incompatibile con la volontà di proseguire nel processo. Esempi classici di remissione tacita sono:
- la riconciliazione tra le parti (ad esempio, dopo una lite tra coniugi o parenti);
- l’accettazione di un risarcimento o di un gesto riparatorio;
- il mancato comparire in udienza nonostante la regolare citazione (in alcune circostanze interpretato come disinteresse alla prosecuzione).
In questi casi, il giudice può dichiarare l’estinzione del reato per remissione tacita, anche senza una dichiarazione formale.
Quando non è possibile ritirare una denuncia o una querela?
La legge non consente la remissione per tutti i reati. In particolare, non è ammessa per i reati che ledono interessi pubblici o diritti indisponibili. Tra questi:
- maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.);
- violenza sessuale (art. 609-bis c.p.);
- omicidio e lesioni gravi (art. 575 e 583 c.p.);
- reati di droga, terrorismo e mafia;
- reati contro la Pubblica Amministrazione (corruzione, peculato, concussione).
In questi casi, anche se la persona offesa cambia idea o desidera “ritirare la denuncia”, il procedimento continuerà d’ufficio e il pubblico ministero sarà obbligato a esercitare l’azione penale.
Gli effetti giuridici della remissione della querela
Una volta effettuata e accettata, la remissione produce un effetto preciso: l’estinzione del reato. Ciò significa che il procedimento penale si chiude e non si può più riaprire per lo stesso fatto.
Tuttavia, la remissione non cancella automaticamente gli effetti civili del reato: se la persona offesa ha subito un danno economico o morale, potrà comunque agire in sede civile per ottenere un risarcimento. Inoltre, il ritiro non elimina eventuali sanzioni amministrative (come la sospensione della patente o le multe).
Ritiro della querela e risarcimento del danno
Spesso la remissione è accompagnata da un accordo risarcitorio tra le parti. Il risarcimento, anche parziale, può rappresentare una condizione per la remissione o un elemento di conciliazione.
La giurisprudenza riconosce che un risarcimento spontaneo o un gesto di scuse sincere costituiscono segnali concreti di ravvedimento e possono agevolare la chiusura del procedimento. In questi casi, il giudice può valorizzare il comportamento collaborativo anche per la concessione di attenuanti generiche.
Il ruolo dell’avvocato: quando rivolgersi a un professionista
Gestire il ritiro di una querela o la verifica della procedibilità richiede competenza e conoscenza della procedura penale. Un avvocato penalista esperto a Napoli può:
- verificare se il reato è procedibile a querela o d’ufficio;
- redigere correttamente l’atto di remissione e depositarlo presso le autorità competenti;
- assistere la persona offesa in udienza;
- negoziare accordi conciliativi o risarcitori tra le parti;
- garantire che la remissione sia validamente accettata e produca effetti estintivi.
Nel nostro Studio Legale assistiamo sia persone offese che imputati, valutando caso per caso la strategia più opportuna, nel rispetto dei tempi e delle esigenze di ciascun cliente.
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