
Avvocato per Maltrattamenti in famiglia a Napoli
Il reato di maltrattamenti in famiglia è tra i più gravi e delicati del nostro ordinamento.
Si configura quando un soggetto, in ambito familiare o comunque all’interno di una relazione affettiva o di convivenza, pone in essere atti reiterati di violenza fisica, psicologica o morale ai danni di un altro componente del nucleo.
Il nostro Studio Legale Penale a Napoli, fondato dall’Avvocato Gaetano Passante, offre assistenza qualificata a chi subisce o è accusato di tali condotte.
Cosa si intende per maltrattamenti in famiglia
Il reato di maltrattamenti in famiglia è previsto dall’art. 572 del Codice Penale. La norma punisce chiunque maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente, con condotte reiterate e vessatorie.
Non si tratta di singoli episodi isolati, ma di comportamenti abituali, tali da compromettere l’equilibrio psico-fisico della vittima. Rientrano tra i maltrattamenti anche le offese gravi, le umiliazioni costanti, l’isolamento sociale e ogni forma di controllo oppressivo.
Secondo la Corte di Cassazione, non è necessario che tali condotte si protraggano per lunghi periodi: è sufficiente che siano reiterate, anche se concentrate in un arco temporale ristretto.
Tuttavia, la Corte ha precisato che due soli episodi non bastano a integrare il reato, poiché in tal caso verrebbe meno l’elemento della continuità richiesto dalla legge (Cass. n. 35997/2020).
Chi può essere autore e chi vittima del reato di maltrattamenti in famiglia
L’autore del reato di maltrattamento in famiglia può essere un genitore, un partner, un convivente, un tutore, o qualsiasi soggetto legato alla vittima da un vincolo affettivo o familiare.
La vittima di maltrattamenti in famiglia può invece essere un minore, un coniuge, un anziano o anche un soggetto non legato da vincoli di sangue ma inserito stabilmente nel contesto domestico.
La giurisprudenza ha esteso l’ambito applicativo anche ai rapporti di lavoro.
La convivenza non è un elemento indispensabile per configurare il reato, a condizione che tra le persone coinvolte esista un legame di reciproca fiducia e affidamento.
Procedibilità e misure cautelari relativi ai maltrattamenti in famiglia
Il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio. Ciò significa che la denuncia può essere presentata da chiunque, e l’Autorità Giudiziaria è tenuta ad agire anche in assenza di querela da parte della vittima.
In presenza di gravi indizi, il giudice può disporre misure cautelari personali come l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima o la custodia cautelare in carcere.
Pena prevista e circostanze aggravanti dei maltrattamenti in famiglia
Il reato di maltrattamenti in famiglia è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La pena viene aumentata fino alla metà se la vittima è un minore, una donna in gravidanza o una persona con disabilità.
Se dal comportamento derivano conseguenze più gravi, le sanzioni aumentano: in caso di lesioni personali gravi, la pena va da quattro a nove anni; se si tratta di lesioni gravissime, la reclusione è compresa tra sette e quindici anni. Qualora il fatto provochi la morte della vittima, la pena sale da dodici a ventiquattro anni.
Oltre a queste pene, durante le indagini preliminari, il Pubblico Ministero può richiedere l’applicazione di misure cautelari per tutelare la vittima ed evitare nuovi contatti con l’indagato.
Le misure più comuni sono l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; nei casi più gravi, si può ricorrere anche agli arresti domiciliari o alla custodia cautelare in carcere.
Il minore di diciotto anni che assiste ai maltrattamenti viene considerato persona offesa dal reato.
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Requisito della convivenza nei maltrattamenti in famiglia
Si è sostenuto che il reato di maltrattamenti punisca chi maltratta un familiare o un convivente.
Tuttavia, ci si è chiesti se la convivenza sia sempre un requisito essenziale e imprescindibile per configurare tale reato.
A questa domanda la Corte di Cassazione ha risposto negativamente con una recente pronuncia, affermando che il reato può sussistere anche in assenza di convivenza, quando tra le parti permanga un rapporto stabile di frequentazione e solidarietà, in particolare legato a esigenze comuni, come la cura e l’educazione dei figli (Cass. n. 30129/2021).
La sentenza riguardava una coppia di ex conviventi che, pur essendo separati legalmente, avevano continuato a mantenere una relazione costante per l’interesse e il benessere dei figli.
Sospensione condizionale della pena nei maltrattamenti in famiglia
Un aspetto importante riguardo al reato di maltrattamenti in famiglia è la possibilità di ottenere la sospensione condizionale della pena.
Come previsto dalla legge, questa può essere concessa se la condanna riguarda un delitto e la pena inflitta non superi i due anni di reclusione o arresto. Tuttavia, poiché per il reato di maltrattamenti la pena minima è di tre anni, risulta piuttosto difficile ottenere una condanna che rientri nei limiti richiesti per la sospensione.
Inoltre, anche qualora si riuscisse a ottenere una pena inferiore ai due anni, l’art. 165 del codice penale prevede una condizione specifica: per i condannati per maltrattamenti, la sospensione è concessa solo se viene intrapreso un percorso di recupero, come programmi di trattamento o riabilitazione. Si tratta, quindi, di una sospensione non automatica, ma subordinata all’effettiva partecipazione a interventi rieducativi.
Aspetti procedurali del reato per maltrattamenti in famiglia
Quanto alla procedibilità, come abbiamo già anticipato, il reato di maltrattamenti in famiglia è procedibile d’ufficio: ciò significa che non serve una querela da parte della vittima per avviare il procedimento penale.
Una denuncia o una segnalazione può far partire l’azione penale, che proseguirà anche se la vittima dovesse cambiare idea. Infatti, una volta avviato il processo, non è possibile ritirare la denuncia; eventuali riappacificazioni potranno essere valutate dal giudice, ma non impediranno l’eventuale condanna.
In più, l’art 656 c.p.p. prevede che la sospensione dell’ordine di esecuzione non possa essere disposta per il reato previsto dall’art 572 secondo comma c.p., ciò a prescindere dalla pena applicata. Questo significa che in caso di condanna per tale reato, non sarà possibile per l’imputato/condannato accedere ad una misura alternativa alla detenzione.
Infine, riguardo alla prescrizione, il reato di maltrattamenti si estingue in un termine pari al doppio del massimo edittale previsto, cioè quattordici anni, salvo atti interruttivi.
Tale termine può aumentare ulteriormente se dal reato derivano lesioni gravi, gravissime o la morte della vittima.
Differenza tra maltrattamenti, percosse e lesioni
È fondamentale distinguere i maltrattamenti da reati come le percosse (art. 581 c.p.) o le lesioni (art. 582 c.p.). Mentre queste ultime puniscono episodi singoli, i maltrattamenti si caratterizzano per la loro natura continuata e sistematica. La reiterazione e l’abitualità sono quindi elementi costitutivi essenziali del reato.
Riferimento giurisprudenziale
Cass. pen., Sez. VI, Sent. n. 15659 del 9 aprile 2024: «Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche in assenza di violenza fisica, qualora vi sia una sistematica umiliazione, isolamento o denigrazione della vittima, idonea a ledere la sua integrità psicofisica».
L’obiettivo principale del nostro Studio Legale Penale a Napoli, fondato dall’Avvocato Gaetano Passante, è garantire una difesa legale di qualità e tutelare i diritti dei nostri assistiti.
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